Comunicazione ai sensi dir. 2009/136/CE: Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per personalizzare i contenuti. Per informazioni leggi la nostra Cookie Policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando su qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.Per revocare il consenso è sufficiente cancellare i cookies di dominio dal browser.

Sabato, 23 Novembre 2024

 

A.D. IX KAL. DEC.
ante diem nonum Kalendas Decembres

 

A.U.C. MMDCCLXXVII
(anno 2777 Ab Urbe Condita)

Porzia

Ci sono state donne che sono passate alla storia per le loro qualità morali e per i loro atteggiamenti rispettosi delle tradizioni dei padri mentre ce sono altre che si sono distinte per la loro lussuria o per la brama di potere. Una terza categoria riguarda invece quelle figure femminili che si sono apertamente schierate politicamente seguendo gli ideali dei padri o dei mariti.
Una donna che è diventata l’emblema della dedizione totale alle convinzioni degli uomini a lei legati è Porzia, figlia di Marco Porcio Catone e di Atilia.
In un periodo in cui a Roma dilagavano corruzione e assenza di moralità in buona parte a causa delle enormi ricchezze affluite nell’Urbe a seguito delle vittorie in Oriente che spesso coinvolsero anche le donne, sempre più lontane da esempi integerrimi come Cornelia, Porzia si distinse per la sua moralità ineccepibile e la dedizione al suo ruolo.
Il padre la fece sposare giovanissima a Marco Lucio Calpurnio Bibulo, suo grande alleato, e tale matrimonio rafforzò in lei il legame con i rigidi ideali di Catone. Bibulo fu edile nel 65 a.C. e poi console nel 59 a.C. ed in entrambi i casi divise la scena politica con Giulio Cesare.
Gli atteggiamenti e le scelte del futuro dittatore fecero si che Catone venisse arrestato per essersi opposto alle decisioni proposte da Cesare e che Bibulo venisse pubblicamente umiliato dal popolo.
Dopo tali episodi l’odio di Porzia nei confronti di Cesare divenne ancora maggiore, non tollerando l’arresto del padre e ancor meno la pubblica onta subita dal marito, ricoperto di sterco nel Foro dal popolo il giorno dopo l’arresto del suocero, e crebbe anno dopo anno man mano che la sua ascesa politica diventava inarrestabile.
Catone e Bibulo, quando ormai lo scontro tra Cesare e Pompeo fu inevitabile, decisero di schierarsi con Pompeo e questo li portò alla rovina: Catone morì suicida ad Utica dopo la battaglia di Farsalo mentre Bibulo era già morto di malattia in Epiro. Le nefaste notizie giunsero a Porzia dal cugino Marco Giunio Bruto, che era stato graziato da Cesare e aveva avuto la possibilità di rientrare a Roma. Nell’apprendere della morte del padre e del modo in cui egli si era sacrificato non versò lacrime ma ne fu invece fiera, ammirando ancor di più Catone per la sua forza e la sua intransigenza.
A distanza di poco tempo Porzia, ormai vedova, sposò Bruto, del quale si dice fosse sempre stata innamorata, e il loro fu profondo e pieno di fiducia reciproca. Questo matrimonio e le amicizie politiche di Bruto le diedero la possibilità di dare sfogo al profondo odio che provava per Cesare e alla voglia di vendetta per il suicidio del padre a Utica causato dal dittatore; per questo sostenne ardentemente la congiura che portò alle Idi di Marzo.  

Stando a quanto narra Plutarco lei voleva ardentemente partecipare alla congiura mentre suo marito cercava di tenerla fuori ma Porzia era una donna ostinata e fedele ai suoi ideali al punto di arrivare ad un gesto estremo per convincere Bruto e renderla parte dei piani (Vita di Bruto, 13):

“…. prese una di quelle lamette con le quali i parrucchieri tagliano le unghie e si fece un taglio profondo, sulla coscia, tanto che le uscì molto sangue. In breve la ferita le diede dolori lancinanti e la febbre. Bruto era angosciato e smarrito ma lei, imperterrita e al culmine della sofferenza, disse: <Io sono figlia di Catone, o Bruto, e fui consegnata alla tua casa non come una concubina, che con te condividesse solo il letto e la mensa, ma per essere partecipe delle tue gioie e delle tue pene. A te come mio marito non si potrebbe rimproverare nulla: ma io in qual modo potrei dimostrare la mia fedeltà o prestare un servigio, se non mi fai partecipe delle tue sofferenze segrete e delle preoccupazioni che si possono confidare soltanto a una persona fidata? Si crede che la natura delle donne sia troppo debole per tenere un segreto: ma la buona educazione, l’esempio, il contatto con le persone virtuose possono e debbono rafforzare il carattere. Io ho il vantaggio di essere la figlia di Catone, sposa di Bruto; e se finora non avevo troppa fiducia in queste circostanze, adesso ho conosciuto che nemmeno il dolore mi potrebbe vincere>. Poi mostrò a Bruto la ferita e gli confessò la prova alla quale si era sottoposta. Stordito, Bruto levò le mani al cielo e pregò gli dei di concedergli che la congiura giungesse a buon fine per mostrarsi degno marito di Porzia.” 

Figura 2 - Bruto e Porzia. Vaticano Museo Pio - Clementino

Bruto decise quindi di renderla partecipe dei piani per uccidere Cesare ed il giorno prefissato fu per Porzia interminabile: sembra che non riuscisse a stare calma, che non facesse altro che mandare i servi a controllare se il marito fosse già andato alla Curia di Pompeo, luogo scelto per l’assassinio. Era talmente agitata che si sentì male nell’atrio della sua casa e i servi e i vicini che erano accorsi per aiutarla, vedendola a terra immobile e con la pelle che aveva perso coloro, pensarono che fosse morta. Sembra che uno dei servi corse via ad avvisare Bruto delle condizioni mortali della moglie prima ancora che Porzia rinvenisse.
Nonostante la terribile notizia, rivelatasi poi infondata, Bruto e gli altri congiurati portarono a termine il loro programma uccidendo Cesare ma furono poi costretti a rifugiarsi in Campidoglio quando si sparse la notizia e non tutto il popolo fu dalla loro parte. Probabilmente Porzia raggiunse il marito mentre era in Campidoglio e gli fu accanto quando vennero celebrati i funerali solenni per Cesare; per lei furono l’ennesimo colpo alla memoria del padre ed un segno evidente che la congiura non aveva ottenuto gli effetti sperati. Fu costretta a fuggire ad Anzio assieme a Bruto, poi si rifugiarono a Napoli ed infine a Velia da dove Bruto partì per la Grecia lasciandola sola. Si raccontava che Porzia, sempre attenta a non far trasparire le sue emozioni, rimase impassibile sulla banchina mentre la nave che le portava via il marito lasciava il porto.
Porzia tornò nella casa di Bruto a Roma; i due coniugi si scrivevano ma la corrispondenza divenne sempre più difficile a causa della situazione politica che si andava delineando. Con il passare del tempo iniziò a dare i primi segni di squilibrio. Sembra che avesse urlato che Bruto era morto subito dopo l’effettiva morte del marito a Filippi e i suoi servi e familiari evitarono di darle conferma dell’accaduto quando arrivò a Roma la notizia della vittoria di Antonio e Ottaviano. Era chiaro a chiunque le stesse vicino che non avrebbe tollerato di vivere ancora e cercarono di togliere dalla sua vista qualsiasi cosa avrebbe potuto usare per farsi del male. Non avevano però tenuto conto della fermezza di Porzia che riuscì a trovare il modo di raggiungere il suo scopo. Con la scusa di avere freddo si fece portare un braciere e poi mandò la sua serva a prenderle del vino con acqua: rimase sola per pochi minuti sufficienti però a permetterle di afferrare dei carboni ardenti e a metterseli in bocca. I servi, resisi conto dell’accaduto, cercarono in tutti i modi di farle aprire la bocca ma invano: Porzia non cedette e fiera aspettò finché i carboni non la bruciarono dentro e la portarono alla morte.

Figura 1 - E. Sirani "Porzia nell'atto di ferirsi una coscia" (1664)

 

Manuela Ferrari

 

______________________________________________________________________

Nullus dolor est quem non longinquitas temporis minuat ac molliat.
(Non vi è nessun dolore che la lunghezza del tempo non diminuisca e allievi.)
Cicerone,  Epistulae ad familiares, 4, 5